Parco nazionale di Monfrague

L'extremadura è nel contempo un territorio aspro e apparentemente inospitale e la regione spagnola con la più alta concentrazione di parchi naturali.
Ma tra tutti i parchi dell'extremdura il più famoso credo sia quello di Monfrague e, quando lo raggiungete, capite subito perché.
Vedere un cervo maschio che si aggira in territorio esposto, dentro ad una pozza d'acqua per rinfrescarsi in un avvallamento che non presenta boscaglia attorno in cui sparire velocemente è uno spettacolo che da noi si presenta raramente.
La distranza dalla strada è notevole ma è forse meglio così: avere un po' di panorama attorno inquadra meglio la situazione e fa capire quanto sia preziosa quella pozza d'acqua, visto quanto soffre la terra già subito attorno con lo scarso manto d'erba a coprirla.


Ma il signore incontrastato del parco è un avvoltoio, il grifone.... uno... no, in realtà è un'intera colonia così numerosa che quando si alza in volo è capace di oscurare il cielo. Ma questo, ovviamente, non accade ovunque nel parco. c'è un posto ben preciso dove si radunano tutti: sulla stretta del lago costeggiata dalla ex-208, ai piedi del castello di Monfrague, dove si trova il punto panoramico attrezzato. Le rocce che delimitano a strapiombo l'invaso sono l'habitat scelto dai grifoni ed in effetti, persino nella terza settimana di giugno, quando tutte le struture ricettive del parco sono chiuse per il troppo caldo, la quantità di "birders" che si accumula lì è davvero notevole. Lo spettacolo daltro canto merita ed è capace di incantare anche chi non ha propriamente la passione per l'osservazione dell'avifauna.

Il messaggio che vi danno al punto informazioni del parco è chiaro: se volete godervi a piedi gli oltre 10 km di sentieri presenti nel parco per passare da i grifoni alle acquile... non veniteci da giugno a settembre, le temperature rendono improponibile qualunque velleità da camminatore. La nostra fortuna è stata quella di arrivare in una settimana stranamente piovosa che ha mitigato molto le temperature, eliminando anche nel contempo le turbolenze dell'aria calda che altrimenti avrebbero minato la nitidezza delle fotografie.


La disinvoltura con cui questa cerva osserva i fotografi ammucchiati sull'alro lato della strada rende evidente la tranquillità di cui godono gli animali in queso posto: nessuno scatto nervoso, nessuna fuga improvvisa, ha costegiato il nastro di asfaltocome un bravo pedone sino al sentiero che si inerpica lungo il colle, dove ha cominciato tranquillamente a nutrirsi mentre le macchine fotografiche scattavano a raffica... nemmeno al recinto di Paneveggio è mai stato così facile fotografare un cervo, il tutto senza reti e senza protezioni, in un magico e rispettoso equilibrio tra uomo e natura.   


Insomma, così vicina che con il 300 f4 liscio era impossibile farcela stare tutta. 

Chi invece ha messo a dura prova occhio e moltiplicatore di focale è il passero solitario: in termini assoluti non era particolarmente lontano ma in relazione alle sue dimensioni era semplicemente lontanissimo!
Quasi impossibile da vedere ad occhio nudo, per un terzo nascosto dietro alle rocce, mi è staro indicato da uno sbinocolatore tedesco. Il risultato è qui ed è tutto quello che sono riuscito ad ottenere: il piccolo pennuto è rimasto esattamente nella medesima posizione per tutto il tempo, probabilmente a protezione di un nido che da dove eravamo non era possibile localizzare.
... esattamente come era difficile da localizzare il nido di cicogne nere sull'altro margine del'invaso: solo la paziente e ostinata ricerca di mia cognata ha permesso di scovarlo tra le rocce ad una distanza improponibile ma sì, grazie a lei, sul registro delle osservazioni posso annotare anche la cicogna nera!


 

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